Il mio video racconta semplicemente invidia, pura e semplice, anche ironica. Mi dicono. Mi svelo e mi racconto per non prendermi sul serio, una sera qualunque dopo aver letto un altro banale articolo sulle non mamme infastidite dalle madri al lavoro e fuori. Narro le mie emozioni e le condivido.
Non è un like a un post social, non è un cuore su istagram, non è uno degli emoticon che amo, è una storia. E’ un’emozione, come molte altre che sullo schermo dei mio Iphone scorrono alla deriva che cercano ancore di salvataggio, porti in cui rifugiarsi e specchi in cui riconoscersi. Sono elenchi infiniti di emozioni materne e genitoriali che scivolano via e scompaiono con il semplice gesto di un dito sul touchscreen. Mi ha colpito molto questa sensazione di momentaneità delle emozioni esposte, il tempo di uno swipe e già svaniscono.
Non ci sono riflessioni, non sedimentano, non sono approfondite in chiacchiere, non sedimentano tra donne, in questo villaggio globale che è oggi il web o i social, la velocità del decadimento di un post depaupera la rivelazione dell’intimo. Si naufraga in qualche bit, in un angolo di qualche gruppo dove si trova conforto o confronto, ma il resto di noi ignora. Ci si rifugia in un like, in una faccina sorridente.
Questo mare magnum di emozioni lasciate a se stesse, disperse nell’infinito internet, sono un prezioso materiale da narrare e da raccontarci in uno storytelling condiviso di gioie e sofferenze.
Facciamole parlare, come parlano Gioia e Tristezza nel film, come fanno Disgusto e Paura, e non lasciamo lo schermo agli emoticon. Non quando si parla di emozioni.
Il progetto: la parola alle nostre emozioni
Ispirata dal progetto #tanaliberatutte di Micaela delle Mcronache e dal suo obiettivo di liberarci dagli stereotipi da manuale e dal film InsideOut ho iniziato a pensare alle nostre emozioni, a tutte le loro sfumature assunte dopo la maternità. A quanto sia cresciuta di intensità la mia gioia ai loro primi sorrisi acquisendo profondità mai avvertita prima, o la tristezza quando il loro sorriso si piega all’ingiù e da quegli occhioni enormi spuntino le lacrime. Ho avvertito l’urgenza ferina nata con loro della mia proccupazione quando stanno male. Ho ricordato l’inadeguatezza assoluta la prima volta che ho allattato i gemelli, che in nulla somigliava al senso di disagio precedente a loro.
Le mie emozioni da quando sono genitore sono più profonde, immediate e vivide. Mi piacerebbe moltissimo dare loro la parola, ascoltarle raccontare la loro storia agli altri per spiegarle, per condividerle, per farci sentire solidali tra di noi. Quanto spesso siamo armate l’un contro l’altra per scelte di educazione diversa, quando le nostre emozioni sono così simili.
Il progetto sarà essere un grande collage collettivo di post, video, foto per narrare le parole delle nostre emozioni.
Ogni “parola” sarà ospitata in un socialwall di rassegna quindicinale sul blogdeibonzi dove saranno raccolte per narrarsi. Un c’era una volta, che c’è ancora e c’è sempre.
#parolallemozioni sarà l’hashtag del progetto.
Condividiamo la depressione postparto o il lutto perinatale, la gioia del primo sorriso e l’emozione dei primi restino incise in bit nella memoria di tutte noi. Lo facciamo quotidianamente sui nostri blog, sui nostri social. Sono emozioni pure, raccontiamole, intenzionalmente.
Vi aspetto, con un sorriso aperto e solare, con ogni possibile emozione, domande e suggerimenti.
Potete scrivere a una Bonzomamma@gmail.com emozionata!
Arianna