Chi nasce pretermine è un piccolo cucciolo da proteggere, Tommaso e Flavia, nacquero così due microbi da cullare, coccolare e aiutare a volare. La nostra storia di TIN e amore.
Vi voglio raccontare la nostra storia di prematurità e amore, oggi che è la Giornata Mondiale dei Nati pretermine, quei piccoli cuccioli che nascono prima tra la 22sima e la 37sima settimana, ovvero tra il V e il VII mese.
La mia panciona incinta dei gemelli è andata in giro felicemente e serenamente per tutti i mesi della gravidanza, in barca a vela, in Turchia, negli Stati Uniti. Eravamo noi 4, un 2+2, meraviglioso. Mai avuto un problema, una nausea, un acciacco. E’ stato uno dei periodo più sereni e felici della nostra vita, il nostro sogno di famiglia stava diventando reale ogni giorno di più, ogni calcetto dei due Mimì e Cocò era un segnale di vita. Eravamo sorridenti, nonostante un trasloco, nonostante tante preoccupazioni intorno.
La data di parto prevista era il 5 febbraio 2008. All’ecografia del 23 dicembre il mio ginecologo sorridendo mi indica una punta del mio pancione, lì dove la pancia finisce, e sorridendo ironizza sul ginocchio del gemello che messo così sembra essersi messo in posa per la partenza.
Ne ridiamo. I miei piccoli non mi farebbero mai uno scherzo del genere. L’ultimo Natale da coppia è sacro, io e il mio Ing. ebbasta: regali, albero, luci e palle rosse. Poi il 29 dicembre alla festa di compleanno dell’Ing. forse esagero con le scale, forse esagero con il ballo? Chissà ero così felice quella sera, onestamente ho fatto tutto ciò che sentivo di poter fare.
E due giorni dopo, alla vigilia di Capodanno, mi alzo con il dubbio di cosa fare la sera: una cena? Un dopocena? No, Tommaso ha deciso, si passerà in clinica, rompe le acque, osservo bene quel liquido trasparente, senza tappo o alcuna striatura rossa. Sono dubbiosa, chiamo mia madre per conferme, strilla come un’aquila, chiamo il mio ginecologo, che mi incita a preparare la valigia e ad andare in clinica.
E noi prepariamo l’occorrente al volo e arriviamo con calma nella stanza, inizia il monitoraggio. Non sono neanche lontanamente vicino a un parto fisico, niente dilatazione. Così passa l’anestesisa e fa la spinale per il cesareo. E’ tutto ovattato, sereno. Non abbiamo ansie o preoccupazioni. Siamo in tanti ad aspettarli. Nonne adottive e nonne vere, zie pancione e mariti.
Finalmente entriamo in sala operatoria, si ride e si scherza con i dottori, i miei amati ginecologi, tornati di corsa dalla montagna per aiutarmi a portare i miei piccoli al mondo.
E così esce Tommaso, sveglio, piange, tantissimo. Lo tocco e lo portano via.
Poi fanno uscire Flavia, lei dormiva, saporitamente, si sveglia e urla la sua rabbia al mondo. Tocco anche lei.
Marito scende con loro, per lavarli per coccolarli.
Mi ricuciono tra risate sullo strano Capodanno e brindisi rubati.
Quando scendo, lo sguardo triste di mio marito e di mia madre, mi colpiscono allo stomaco. So che qualcosa non va. Li portano via, lontano da me, perchè a 34 settimane vanno in Terapia Intensiva Neonale da protocollo. Perchè la clinica ha una solo incubatrice e loro a 2 chili e 2 chili e 2 devono usarne due. Sono già in incubatrice, insieme. Non posso neanche toccarli, se non attraverso un guanto. Piango, e dico che andrò con loro. IO.
Il mio ginecologo mi guarda e me lo nega, devo prima evacuare. Annuisco. Mi conosce sa che la mattina di due giorni dopo firmerò per uscire e arriverò dai miei piccoli. Invece dei 5 giorni previsti. Io sono una mamma guerriera. Io voglio stare con loro.
Tommaso e Flavia con l’ambulanza per prematuri arrivano al Policlinico Casilino nella notte di Capodanno, accompagnati dal papà e dal nonno. Mentre le nonne mi fanno compagnia, è una serata triste, melanconica ma battagliera. Ho un obiettivo.
Mio marito torna nella notte e brindiamo. E’ un nuovo anno per tutti noi. Anche per i miei piccoli lontani dalla loro mamma.
Mi tiro il colostro o il latte, il personale della clinica mi aiuta, mi sorregge, chiama la TIN del Policlinico Casilino in continuazione. I gemelli stanno bene. Respirano e si nutrono, anche del mio colostro che Marito porta subito il giorno dopo.
E la mattina successiva in una corsa sul Raccordo Anulare arrivamo al Casilino, dove il tram attraversa una via Consolare dal panorama deprimente, troviamo un reparto meraviglioso, infermiere disponibili e un Primario rassicurante e affettuoso.
Me li attaccano subito, Tommaso per primo, e quel legame ancora non si è spezzato.
Ogni giorno andiamo tutti in processione almeno due volte laggiù dal centro di Roma, un pellegrinaggio d’amore e carezze. Ogni giorno li attacco, li coccolo, facciamo marsupio terapia.
Tante storie tristi accanto alle due cullette termiche, un bambino non ce la farà. Tantissime ragazze troppo giovani entrano con me, si vestono di verde con me.
I cuccioli passano nella sala intermedia, pesano 1 chilo e 800 lei, lui due chili, ma siamo vicini all’uscita e alla fine, usciamo il 7 gennaio. Piccoli, ma guerrieri.
A casa recuperemo tutto il peso, l’amore e l’affetto ci saranno sempre.
Ai miei angeli della Terapia Intensiva del Policlinico Casilino abbiamo lasciato tante calze della Befana e un immenso cuore di gratitudine.
Arianna
Una storia meravigliosa in tutti i dettagli: dalla tua spavalda allegria in gravidanza, alla catena umana di tutta la famiglia, a quelle goccioline di colostro con cui anche i tuoi bambini hanno brindato al nuovo anno!
Un abbraccio a tutti.
Ketty
Anche loro volevano festeggiare il Capodanno con mamma e papà, ecco perchè sono venuti fuori così presto 🙂
Scopro per altro solo adesso che anche tu sei a Roma , come me 🙂