Chi ha paura delle mamme blogger? L’advertising fatto dalle mamme

Un brutto servizio televisivo mette alla berlina una casa produttrice di biscotti per la prima infanzia, complici secondo la trasmissione anche le mamme blogger. Chi ha paura di un modo diverso di fare pubblicità?

Indovina chi viene a cena, programma di Rai 3 di giornalismo d’inchiesta, lunedi 21 novembre sera, manda in onda un reportage sul cibo per la prima infanzia, condannando una nota marca di biscotti e altri brand, e tra un vecchio interprete del primo spot della suddetta e un giudicante commento sulle tecniche di fidelizzazione del consumatore, ci infila spezzoni del video delle mamme blogger in visita all’azienda e una telefonata a una mamma blogger che parla dei compensi dei post sponsorizzati.

Da questo mix di argomenti mischiati insieme, nella peggiore tradizione della manipolazione mediatica per dimostrare una tesi che ha nulla di oggettivo e tutto di audience, un clicbait sul piccolo schermo, scatena twitter di condanna contro le mamme blogger.

Siamo le nuove streghe da mettere al rogo?

Chi ha paura delle mamme blogger?

Il reportage non condanna il native advisertising o i post sponsorizzati sui blog, esplicitamente, ma sulla parola “influencer” c’è una sbavatura di snobismo mediatico che mi ha fatto sorridere. Ho letto i twit di protesta contro le mamme che avrebbero venduto i propri figli alle multinazionali, sorridendo sorniona. Perchè in breve si parla di soldi, di pubblicità e di un mercato, quello della pubblicità e dell’editoria, che inizia a farsi complicato per TV e case editrici e per le agenzie di pubblicità tradizionali.

La rete ha cambiato i consumi, li ha resi più democratici: il cliente oggi si informa, legge le recensioni degli altri clienti su internet eppoi decide. Il potere decisionale è in mano al cliente, che ha più fonti di informazione e quindi di decisione, non solo per l’acquisto dei beni materiali, ma anche per il recupero delle informazioni, compresi libri e giornali.

E’ un mercato aperto, da scoprire, faticoso per chi è abituato ai mezzi tradizionali.

Le mamme blogger in Italia, in questo mercato, sono state pioniere, con l’esperienza di Fattore Mamma, nato nel 2008, che ha aggregato le mamme blogger più influenti per farne delle vere professioniste di un modello di comunicazione in Italia ancora sconosciuto quello del native adv o degli influencer, detto del peer to peer, molto forte negli Stati Uniti.

Da poche siamo diventate moltissime, quasi una nicchia di mercato a se stante, la professionalizzazione è cresciuta, abbiamo studiato, ci siamo specializzate in moda, cibo e ricette per bambini, ottica green, libri per l’infanzia, psicologia e oltre fino a colmare qualunque interesse genitoriale. Da semplici blog-diari sono nati magazine con alberature articolate e rubriche di specialisti.

Siamo oggi un veicolo di informazione primaria per le neomamme e le mamme digitali, calcolando che secondo una ricerca di Fattore Mamme e 2B Research 9 mamme su 10 hanno uno smartphone, che vuol dire accesso ai blog, ai gruppi FB e ogni altro canale possibile.

Negli USA ci sono 3.900.000 mamme blogger, in Italia solamente iscritti al Mammacheblog, il sito aggregatore dei blog di questo tipo, ne sono iscritti 2003, ma almeno altrettanti ce ne sono in giro, non registrati. Noi mamme blogger, oggi, siamo una potenzia mediatica forte. Un target vecchio come il mondo per le aziende e la pubblicità che si è evoluto, che fa a sua volta pubblicità.

Questo, per gli esperti del settore, non può essere ignorato. Anzi, diventa un valore, perchè la coincidenza di target e comunicatore da alle blogger delle competenze maggiori, che ci permette di scrivere, pagate, di prodotti o servizi in modo più approfondito, spesso fornendo alle lettrici madri le risposte che stanno cercando.

Questo è il valore aggiunto delle mamme blogger, a chi fa paura? A un mondo pubblicitario ed editoriale arcaico, sicuramente.

Ammettiamo che non sempre il post sponsorizzato viene presentato come tale, ma la maggiorparte delle volte è chiaramente presentato come tale, proprio per dare dignità a chi lo ha scritto e al contenuto. Sono ore di lavoro, perchè non è solamente fare due foto, è ascoltare, prendere appunti, studiare e inventarsi un’idea emotivamente forte per parlarne, sempre in linea con i propri contenuti. Almeno le blogger professioniste, o quasi, perchè in Italia non esiste ancora un riconoscimento di questa figura.

Professioniste della comunicazione, digital strategist e social media manager, oggi le mamme blogger sono fonte di empowerment femminile perchè danno voce e potere di acquisto alle donne.

Esistono codici di condotta pubblicati dalle mamme blogger, prima di tutte Mamma Felice, come Mommit, che tutte dovremmo rispettare per la pubblicità e la sua gestione.

Insomma Chi ha paura delle mamme blogger? Pochi dovrebbero. E’ un mondo in evoluzione, perchè la professionalizzazione porta con se un cambiamento innato di contenuti e di sviluppo.

La rete impone nuovi modi di vendere, noi mamme vogliamo avere voce, essere veicolo di scelte consapevoli, sempre coerenti ed eticamente corrette.

Vogliamo parlarne, confrontarci e capire se possiamo migliorare la trasparenza delle nostre comunicazioni. Parliamone con anche alle nostre lettrici chiediamo cosa ne pensano. Chiediamo #chihapauradellemammeblogger?

Arianna

Arianna

3 pensieri su “Chi ha paura delle mamme blogger? L’advertising fatto dalle mamme

  1. Siamo oggi un veicolo di informazione primaria per le neomamme e le mamme digitali

    Infatti tutto gira attorno a questa frase che è un dato di fatto, oggettivo e inequivocabile. Il fatto è che, qui come in altre categorie, questo potere, inutile usare altri giri di parole, non include anche una questione etica che imponga a questa onda multimediale una analisi critica dei prodotti. A volte semplicemente perchè queste persone non hanno gli strumenti per farlo. Le mamme in visita alla Plasmon hanno forse chiesto da dove provengono le materie prime? No, questo è compito dei giornalisti. E allora lasciate ai giornalisti fare il loro lavoro e prendete in considerazione la possibilità di essere delle influencers tese al benessere dei vostri lettori prima che al fatto dell’autocompiacimento.

    1. Ciao Nadia,

      il post non era di autocompiacimento ma seguiva una trasmissione televisiva in cui si parlava delle mamme blogger in modo negativo, senza alcun valore al nostro lavoro. I giornalisti facessero i giornalisti, noi le influencer. Sempre con forte rispetto reciproco.
      Leggo nel tuo commento che conosci l’argomento, molti dei giornalisti non lo conoscono e non lo approfondiscono.
      Sono due mondi confinanti, ci si rispettasse sempre sarebbe un bel network.
      Noi blogger abbiamo un’etica, il rispetto dei lettori e la coerenza dei contenuti.

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