Devi essere felice. Che bella la felicità. La felicità è un attimo e vola via. Sei felice? Dimmi che sei felice. A me basta che tu sia felice. Siamo circondati dalla felicità, sempre e in ogni dove, la felicità è per sempre. Solo la devi trovare, magari in un bel tramonto?
La felicità ci circonda nelle parole, nei sogni e nei gesti di una vita. Nasciamo e ogni genitore sogna la felicità per il proprio bambino, cresciamo e dobbiamo essere felici a scuola, nel fare i compiti, nei primi amori, nella scelta del lavoro, perché il vero professionista è un professionista felice, e infine nella scelta della persona con cui accompagnarci per tutta la vita.
Sei felice?
Me lo sono sempre chiesto, mentre crescevo, mentre studiavo, mentre amavo acerbamente quei primi pennelloni che mi piacevano tanto, mentre arrancavo durante la fine di un grande amore tra digiuno e sofferenza, mentre scoprivo le gioie dello stare sola. Sei felice mi chiedevo allo specchio, mentre mi asciugavo i capelli? E guardavo i miei occhi marroni profondi dire no. Dirmi che forse questa felicità non la conoscevo ed era colpa mia.
Nei racconti delle mie amiche la felicità c’era sempre: era gialla solare e splendente di abbracci estivi, di lauree soddisfacenti, di lavori appaganti e tosti. E la felicità delle prime riunioni a lavoro? Le prime presentazioni in power point erano poesie di felicità personale. Niente doveva essere colpa mia che non sapevo costruirmela la felicità.
L’aspirazione di tutti è essere felici.
SEI FELICE?
Odio questa domanda, mi ricorda anni e anni di frustrazioni, di situazioni ricercate e volute per toccare la felicità con un dito… tanto daffare per nulla, o quasi. Come quando a Formentera (diamine Formentera, dove tutte avevano vissuto una storia di tramonti e amore sfrenato) in piena notte ho camminato scalza con un giocatore di basket e, ispirati dalla luna, ci siamo lasciati andare alla passione, solo che era invisibile questa passione e la mia felicità è sfumata via per pochissimi centimetri.
La felicità, poi, delle ferie estive, quando ti rilassi, ti riposi e ricarichi la creatività fino a raggiungere la felicità. Quei 15 giorni, infarciti di viaggi, conoscenze, musei e passeggiate, tintarelle forzate e forzose sul lettino, spesso sono talmente stressanti che quando rientro in ufficio mi viene voglia di abbracciare il guardiano nella portineria come un caro vecchio amico.
Però hai 3 figli, sei felice no? Il tema famiglia e felicità è un tasto delicatissimo. Un tema insidioso. Ogni madre deve essere felice dalla gravidanza placida e serena, i piedi non sono gonfi, sono pieni di felicità evidentemente… si accumula tutta lì. Ed è tutta una catena di devi essere felice. Se poi inizi con le emorroidi post parto, sai che tocco realistico di felicità.
NON SONO FELICE
MA DOVRESTI ESSERE FELICE
Ma perché? Quando è nato l’equivoco che si debba essere felici? Forse quando mi costringevano ad ascoltare Cenerentola e mi narravano del femminismo? O forse quando sono stata cresciuta a pane e Vangelo, mentre andavo alle manifestazioni pro-divorzio? Quando quel flipper impazzito della mia infanzia ha decretato che dovevo essere felice, sballottata da un estremo a un altro? Fortuna che non sia diventata una SKINHEAD o una suora di clausura. Già è tanto.
Che poi… non è solamente mio l’equivoco della felicità. E’ di tutti. Tutti a cercare la felicità, poi in questo periodo tutti a proporre ricette digitali per essere felici. Anzi per motivarci ad essere felici e soddisfatti. Perchè? Ma che ci ha fatto di male un pomeriggio buio di lacrime alla finestra? Ci ha fatto paura, il dolore ci fa paura. Il pianto ci fa paura. L’essere umani ci terrorizza.
Essere noi stessi è l’unica strada alla felicità, interiore. Anzi meglio, lo stare bene nei nostri panni è la felicità. Quella vera, quella concreta che si realizza quando si è centrati su noi stessi.
L’equivoco nasce dalla paura della nostra umanità e incoerenza.
Sei felice di aver scritto questo post?
Felicemente no, sono titubante, spaventata e melanconica e mi va bene cosi.
Questo #equivoco partecipa al progetto #aedidigitali, tornare a narrare storie.
Arianna
beh io sono felice di averlo letto. Toh mo’! E’ un tema veramente bello e delicato, e hai ragione: che male ci ha mai fatto un pomeriggio di lacrime? Dopo, gli occhi brillano di più!
Ha tantissimo valore saper piangere! Dona leggerezza.
“Forse questa felicità non la conoscevo ed era colpa mia.” E come si fa a essere felici se si è sempre schiacciati dai sensi di colpa e da un bastardissimo giudice interiore? Un post liberatorio, Arianna, un inno al diritto alla malinconia, alle lacrime, al via vai delle emozioni, tutte. Sono d’accordo con te: la felicità è accogliere la nostra umanità, e smetterla con questa pubblicità della gioia a tutti i costi.
Detto da te Maddalena per me conta moltissimo. Grazie.