Ardevano i fuochi a Beltane, l’aria era già più calda di qualche giorno prima, la primavera e i suoi raccolti si preannunciano nell’aria. I contadini hanno concimato la terra, l’odore di letame, quello forte, ha invaso l’aria negli ultimi tempi. Lentamente è salita l’attesa della festa, della rinascita. Ogni uomo e ogni donna hanno iniziato a immaginare chi feconderà con loro la terra nella notte dei fuochi, della dimenticanza e della rinascita all’alba.
“Chi ricorderà quelle mani? Chi saprà riconoscere il compagno della notte? Il buio della foresta e le ombre delle pozioni magiche obnubilano la memoria il giorno dopo. Il rito si replica uguale da centinaia di anni. La terra vuole il seme, chiede la fertilità dell’unione, come un canto di gioia per le sementi che arriveranno, per la vita che festeggia i frutti che nascono.
Il sapore agre della pozione rimane a lungo in gola, forse limone addolcito col miele, forse quegli strani funghi arrivati da oltre mare, migliaia di anni fa. Poi i fuochi, centinaia fino all’orizzonte. Un paese in festa. Si rinasce all’ombra dei fuochi, io piccola sacerdotessa della grande madre, rinascerò stanotte nelle braccia del Cervo. Mi aprirò alla sua natura e accoglierò il suo seme, come la terra accoglie le mani del contadino, invadente e da calda accoglienza al suo seme, per nutrirci.
Ascolterò i rumori del vento e degli alberi mentre mi sussurrano incantesimi di vita e tra 9 mesi partorirò la nuova sacerdotessa, come ciascuna prima di me. Anche se… non sempre è andata così. A volte è nato un maschio, potente e grande cervo, principe di terre e Re di Mondi. E il raccolto non è andato bene. Quando la forza prevale sull’accoglienza la semenza non frutta, come è il ciclo della vita.
Ricorderò domani il mio cervo? Le mille, prima di me, non potevano, piene di vita come erano. Ma io potrò conoscere il mio principe, il mio sposo di Beltane? Ho strani presagi, ho visto stelle smettere di brillare lontano mesi fa, luci e addii di magia e vita. Ho ascoltato gli echi dimensionali della magia di un’altra sacerdotessa dare la vita a un Principe degli uomini. Ieri notte la luna era splendida, quasi un sole alle prime luci dell’alba, sembrava un fuoco di Beltane.
Eppoi quella piccola donna arrivata qualche mese fa al villaggio dei pescatori che parla di un pastore venuto a salvarci, tutti, un unico dio per ogni uomo e ogni donna, un Dio che chiede di non amare l’altro fisicamente. Bruciano gli occhi di quella femmina lì, e non è magia, è passione feroce. Chi è questa divinità che rapisce l’anima delle persone e nega loro la libertà di amare? Come è possibile essere unici quando il mondo è così complicato e diverso? Ho paura delle sue parole, del suo sguardo di condanna per noi anche se velate dalla carità del dono di un nuovo dio. ”
La notte era fonda quando arrivò il Cervo, statuario e misterioso dalle ombre dei fuochi, colse la sacerdotessa nel pieno del cerchio, un amplesso lungo e vocale. Molti guardavano ispirati dalla forza e dall’energia animale e si lasciavano andare a mani sconosciute o forse no. Calò la luna, scesero le stelle sopra i corpi ancora avvinghiati, nel limbo delle pozioni ancora qualche coppia compiva il rito antico.
La sacerdotessa e il Cervo, sdraiati sull’erba, ancora dormivano. Una vita pulsava tra di loro, appena arrivata da altre dimensioni. Un altro Principe degli uomini avrebbe solcato a breve quella terra, un imperatore dei celti. I cieli stavano cambiando, da qualche parte altrove un lenzuolo veniva calato sul corpo martoriato del figlio dell’Uomo, del Pastore di greggi che avrebbe raccolto tutti sotto il suo simbolo.
Qualcosa stava finendo e non era la cenere dei fuochi di Beltane, la sacerdotessa si svegliò come in preda all’ansia di salutare qualcuno che partiva, e vide accanto a lei, inginocchiata una donna, bellissima ed eterna nei suoi capelli bianchi lunghi e sciolti su spalle giovani. La Grande Madre si congedava da loro, dai grandi fuochi, da lei. I suoi occhi la guardarono fissa e intensa “Ricordati bambina mia di raccontare a tuo figlio di noi, della magia e di chi siamo stati. Ricorda la Britannia, figlia mia e la luce dell’alba, che tornerà. Il fuoco si spegne, ora. Ma un giorno si riaccenderà per accogliere di nuovo la nostra semenza. I tempi cambiano, è tempo di pane e vino, ora.”
L’alba illuminò i bivacchi, svegliò i corpi e la rinascita ebbe inizio. Quell’anno il raccolto fu superbo, eppure tra quelle spighe nacque un Principe e non una principessa. Egli fu grande tra il suo popolo. L’ultimo Principe della Grande Madre, un altro Principe stava arrivando, altre parole, altri segni di magia.
La sacerdotessa chiuse gli occhi al mondo e portò le altre lontano nelle nebbie di mondi altri, ma ogni anno a Pasqua, o Beltane, quando la barriera tra i mondi è sottile, qualcuno cammina di nuovo su questa terra per ascoltare la rinascita, per guardare un mondo accogliere il miracolo della vita.
Perchè ogni fine è un nuovo inizio, ogni rinascita contiene un addio.
Arianna
Questo racconto partecipa alla palestra di narrazione online degli #aedidigitali, il tema è #rinascita.