Un racconto per il progetto degli #aedidigitali
“Il troppo stroppia” diceva mia nonna paterna quando a 94 anni liberammo casa sua mentre andava a vivere dalla figlia. Il cosidetto “decluttering” o liberarsi delle zavorre .. AL MERCATINO DELLE EMOZIONI USATE
Ottobre è un mese si cadute, di liberazione, quando gli alberi perdono le foglie e si preparano al freddo invernale. Ottobre è il mese che ho scelto per sentirmi più leggera e potare i ram secchi interiori ed esteriori. Ottobre è il mese del decluttering.
Solo che Il decluttering è una parola tutta italiana, provate a cercarlo su wikipedia, quella in inglese, non lo troverete, in inglese si chiama downshifting o dell’arte del vivere semplice liberandosi delle cose superflue. Ho già liberato gli armadi di parecchi abiti che non usavo più, donandole alle amiche e ricevendone di altri. Perchè le cose usate non si buttano via, se non sono distrutte, si riciclano, questo crea valore nonché risparmio.
Dopo aver preso questa decisione ho capito che avevo bisogno di liberare anche la mia mente che macina mille pensieri in continuazione, soprattuto ultimamente. Puntuale come un orologio si è presentata la malinconia del passato che vuole tenersi tutto, che non vuole rinunciare a nulla. Intimidita da me stessa, ho deciso che avrei portato i miei oggetti interiori al mercatino delle emozioni usate.
Questo luogo metafisico apre solamente poche volte l’anno e l’entrata è su invito personale di chi vi ha già partecipato. Si bussa ad una porticina nascosta dall’edera incolta mormorando una parola d’ordine “carbonara” e si accede ad un piccolo cortile disordinato: le aiuole sono cresciute senza cura, l’erba è canuta e i sassolini bianchi acciottolati ai lati di sentieri ormai solo di terra. Era un luogo di passeggio e di giochi antichi, lasciato andare molti anni fa. Qui fra lo spazio lasciato libero dal verde di affollano persone a capannelli intorno ai tavolini tondi, dove ogni espositore vende le sue emozioni usate.
Quanto costa un’emozione usata e che cosa ci faccio?
Basta avvicinarsi a uno dei tavolini per conoscere ogni venditore e venditrice, un’occhiata sulla superficie arrugginita dei tavoli da giardino abbandonati e scrostati per scegliere l’emozione usata da comprare. Vuoi amore negato? Nando ce l’ha, lì nell’angolo, vicino alla fontana.
Cerchi uno stress da trasloco? Nina forse se ne disfa.
Un Matrimonio da organizzare felicemente? Rosa, è lì che non aspetta altro.
Umberto invece, ha portato tutta la sua valigetta di emozioni da tribunale, è un vecchio avvocato, che sta vendendo lo studio e vuole andare a vivere in Argentina, dove non c’è posto per condanne e sanzioni amministrarive.
Come funziona? Basta scegliere un’emozione scritta su un biglietto, esposto sul tavolo, prenderlo e chiedere il costo, che varia secondo l’intensità di cui è intristo. Si paga in unità temporali, se quell’amore negato è durato 4 anni, si chiedono 2 anni da dedicargli in pensieri, identificazione o semplicemente coccolandolo dei mancati baci.
Eppoi si compra. Si acquista una storia, scritta, ma molto più spesso orale narrata dal venditore all’orecchio. Sono parole che passano da una vita all’altra, emozioni trasferite nel racconto. Trascorrono ore o forse minuti durante la transazione, nessuno lo sa mai, rapito nella trama di qualcosa di usato e di nuovo.
Al mercatino delle emozioni usate si diventa altro da se, si prendono pezzi di vita altrui a completare le proprie.
SI va via con gli acquisti diversi, un po’ nuovi e un po’ usati.
Le mie emozioni usate sono lì, esposte. Chiedetemi il costo, sono pronta a narrare.