14 settembre 2020.

La narrazione collettiva di un nuovo inizio.

PREFAZIONE a cura di tua figlia

Dicevi sempre che “avrei capito da grande”. Ho capito. Ahimè. Ora vedi il problema è che sono sola, completamente. Sono un’isola circondata da un oceano di solitudine e rabbia, quella dei miei “congiunti” che non apprezzano questa mia solidità adulta. Ho capito, sai, alla fine, in una notte di inizio settembre, quando il cemento si presentava come futuro che non avevo più tempo di nascondermi. O DI MENTIRE.

Ho capito in una notte di sudarella che non potevo più permettermi di sognare un cambiamento, sono quella che sono. Ho l’età che ho. Non si cambia, non sono giovane. Sono giovanile. Ho passato l’inferno. In varie tappe eh. Ma sempre inferno. Ho capito che la strada era una e una sola.

La mia.

Ora la mia strada è dritta, non ci sono curve. Diresti “dritta contro un muro”. Forse. Forse no.

Che c’entra con il primo giorno di scuola dei miei figli? Tutto. Orsù. I 3 hanno sfidato le loro paure e hanno varcato un portone che li pone a distanza da tutto ciò che conoscono. Eppure sono entrati, hanno conosciuto un mondo strano ed estraneo e ne sono usciti sorridendo. E noi? Noi adulti, fuori, assiepati, ansiati e ansiosi per loro. Assembrati di paure. Per noi invero.

Ho fatto quello che ritengo più giusto oggi, ho detto la verità. A chi amo. Io sono Arianna, loro sono i miei figli, quello è il futuro, indicandolo. Ho detto chi sono, cosa voglio, cosa sarà. Ho riso di paure condivise e di sogni inarrivabili. Ho taciuto il non necessario.

La mia prefazione è questa, oggi ho capito che per loro che sfidano il mondo, noi dobbiamo sfidare noi stessi. Saranno, i miei figli, persone meravigliose. Ciascuno per il suo. Io adorerò sempre quel maschile mai avuto in casa, che non narra per evitare castrazioni non volute. Eviterei per paura di confronti non umani il femminile, ma non è tra le mie opzioni. Che ogni evitata la pago con gli interessi e con le notti insonni.

Sono figlia di chi sono figlia e la pago ogni santo giorno, mia figlia non avrà questo destino. Sognerà e realizzerà. Sarà risolta, perchè veglio sui miei istinti ancestrali. A volte fallisco, ma mi soccorre lei e il suo infinito inconscio. Adoro mia figlia, un giorno sarà una grande donna. Realizzata.

I miei figli saranno splendidi e consapevoli di quello che li circonda, spero. La maschilità è un’arma a doppio taglio. Hanno un esempio importante di uomo che rispetta l’altro. Rispetteranno chi li accompagnerà lungo la strada.

Noi siamo stati così grandi, mai? No. Non abbiamo mai dovuto superare un portone con il viso coperto, non abbiamo mai rinunciato ad abbracciare gli amici e i compagni. Non abbiamo mai scritto per terra o sul ginocchio. Non abbiamo mai fatto la fila per l’unico bagno disponibile. Noi, adulti irrisolti e doloranti, non siamo degni di questa giornata generazionale che scolpirà le memorie e le identità del futuro.

Mi avevi detto “un giorno capirai”. Non ho ancora capito, padre. E purtroppo non capirò mai. Quella scintilla di futuro mi è sfuggita tra le mani, la scorgo tra le ombre dei malumori e dei sorrisi casalinghi, ma non la posseggo. Non possedevo la tua luce di un sessantotto sindacalista, non ho la loro di un futuro annaspato.

Sono la pietra su cui si appoggiano e sono claudicante al sostegno. Ma oggi una strada nuova si è aperta quella dei ragazzi del 14 settembre 2020 e i miei ragazzi sono lì che camminano su di essa. Io li guardo da lontano e li amo.

Arianna

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